Il campanilistico antagonismo tra le due realtà lombarde è di vecchia data, e ben più radicato di un confronto calcistico. Per la precisione, si deve risalire all’undicesimo secolo. Lo sfruttamento delle acque dei fiumi nelle comunità rurali del medioevo è d’importanza strategica. La proprietà sui corsi d’acqua permette a chi ne ha diritto la navigazione, la costruzione di porti e ponti, lo sfruttamento della forza motrice per il funzionamento di mulini e magli, e il controllo delle sue risorse: il pescato e soprattutto l’acqua che può essere deviata in seriole ed utilizzata per irrigare la campagna.
Nel diritto medievale, la proprietà dei fiumi è dell’imperatore del Sacro Romano Impero che ne dispone a suo piacimento. Così l’imperatore Corrado II il Salico, concesse al vescovo di Bresca Ulderico la giurisdizione sull’Oglio su entrambe le sponde nel 1037. E questa è la reazione di bergamaschi e cremonesi quando gli è stata data la notizia.
Per un secolo, bresciani, bergamaschi e cremonesi se le diedero di santa ragione per le questioni più disparate, anche se al centro della diatriba restava sempre lui, l’Oglio!

Visto che nel video voglio affrontare in dettaglio la battaglia di Rudiano, non è mia intenzione affrontare tutta la storia. Comunque ne ho scritto un articolo che spiega perché Berscia e Bergamo si odiano. Solo la guerra tra i comuni del nord Italia ed il Barbarossa interruppe questi scontri, ma alla prima tensione nel 1191, con un nuovo oggetto del contendere, la polveriera esplose di nuovo. Stavolta sembra che la causa debba ricercarsi nell’acquisto da parte del comune di Brescia di alcuni fondi in possesso di Vilfredo e Lanfranco conti di Calepio, con la clausola che i conti reinvestissero la somma nell’acquisto di terre nel bresciano, divenendo così vassalli del comune di Brescia. I due conti controllavano in quelle terre un importante punto di transito che sarebbe andato ad incrementare l’egemonia di Brescia sul fiume.
A ciò va aggiunta l’alleanza stretta tra Brescia e Crema, che fece incazzare Cremona che voleva imporre i su Crema la sua egemonia. Bergamo e Cremona quindi contrapposero a Brescia, Milano e Crema una loro coalizione formata da altre città: Pavia, Como, Lodi, Parma, Reggio, Ferrara, Modena, Bologna, Verona, Mantova e Piacenza (ben 13 città contro 3!).

Bergamaschi e Cremonesi, appoggiati da alcune forze fornite da Parma, Lodi e Pavia, avevano proprio voglia di scaldare le mani e in luglio si mossero alla volta della città più odiata: Brescia. I bergamaschi si accampano tra Palosco e Telgate, proprio a minaccia del ponte di Palazzolo dove i bresciani si erano accampati in attesa dell’arrivo dei rinforzi milanesi. I cremonesi invece, prima accampati a Soncino, si erano spostati a Cividate. Per controllare questi movimenti, i bresciani decisero di mandare un manipolo di uomini al comando di Biatta da Palazzo nel castello di Rudiano dove probabilmente sorgeva un ponte, verso Pumenengo, da cui spesso provenivano scorrerie cremonesi.
Pensate, solo 15 anni prima c’era stata la grande battaglia di Legnano tra la Lega Lombarda e il Barbarossa. Vittoria che arde ancora nei nostri cuori… ecco, non è inverosimile che sul campo di questa battaglia fossero presenti dei veterani che avevano partecipato anche allo scontro col Barbarossa.

All’alba del 7 luglio i cremonesi gettarono un ponte di barche nei pressi di Cividate e passarono l’Oglio, seguiti dai bergamaschi che li avevano raggiunti nella notte. Rendendosi conto che i nemici non minacciavano più il ponte a Palazzolo ma erano addirittura penetrati in massa nel territorio, e non sapendo dove fossero i milanesi, l’esercito bresciano si mosse verso sud per intercettare i nemici e dare battaglia.
Attenzione, i bresciani dalla loro avevano un vantaggio morale, i nemici avevano scelto il giorno sbagliato per attaccar briga, il 7 luglio infatti è S. Apollonio, patrono di Brescia che sarà soppiantato solo più tardi da Faustino e Giovita. I due eserciti si incontrarono probabilmente all’altezza del territorio di Pontoglio, e i bresciani divisi in quattro schiere guidate da Protoncelao da Mairano, Manuele Concesio, Giacomo Confalonieri e un Tangetini (da cui forse Tanghettini), si lanciò contro gli avversari. Probabilmente per diverso tempo l’esito dei combattimenti fu incerto, ma con il passare delle ore e il mancato arrivo dei milanesi, la cavalleria bresciana cominciò a sbandarsi. Ne seguì un ripiegamento generale che in alcuni tratti si trasformò in una vera fuga.  I bergamaschi raddoppiarono la pressione, convinti di avere la vittoria in pugno, ma proprio in quei concitati momenti, si udirono squilli di tromba provenire dalle spalle dell’esercito bergamasco. Si trattava di Biatta da Palazzo che in precedenza era stato mandato a Rudiano. Passato probabilmente inosservato alle spie cremonesi, si presentò sul campo di battaglia con i suoi pochi uomini squillando le trombe a più non posso.
I bergamaschi devono aver creduto che l’esercito milanese fosse giunto sul campo di battaglia. Perciò temendo di essere schiacciati in una morsa, iniziarono a ripiegare verso l’Oglio. L’improvviso mutamento della situazione galvanizzò i bresciani. Per gli avversari, l’unica via di fuga in zona era costituita dal ponte di barche costruito quella stessa mattina. Sotto la pressione dei bresciani, la ritirata si trasformò presto in rotta e cremonesi e bergamaschi si gettarono in massa sul ponte che a causa del peso di quell’enorme folla di guerrieri collassò e precipitò nel fiume. Molti uomini morirono annegati e di quelli superstiti sulla sponda bresciana, molti furono trucidati. I bresciani catturarono anche il carroccio dei nemici che in serata avrebbero portato in trionfo in città.

A questa battaglia, conosciuta con il nome di “Malamorte” partecipò anche Obizio da Niardo, che nel 1600 fu dichiarato Santo dalla chiesa cattolica, e la sua storia è narrata da un ciclo di affreschi del Romanino nella basilica di S. Salvatore a Brescia. Su quello che potrebbe essere un presunto luogo della battaglia a Pontoglio, nel XIX sec. è stata eretta una santella dedicata proprio ai bresciani caduti e a Sant’Obizio.
Si dovette attendere la fine del 1191 per arrivare ad una definitiva pacificazione delle due città, grazie all’intervento dell’imperatore Enrico VI, figlio del Barbarossa, che decretò la restituzione dei territori contesi a sud del Lago d’Iseo (Sarnico, Moro e Caleppio) ai bergamaschi, e il passaggio di quelli in Valle Camonica (Volpino, Qualino, Ceratello) a Brescia. Pensate che ai cremonesi e ai bergamaschi, questa battaglia è bruciata così tanto che l’hanno praticamente cancellata dalla memoria. Infatti, se conosciamo i nomi dei grandi bresciani che vi hanno partecipato, non ne conosciamo mezzo di quelli sul fronte opposto… Eclissati!

Comunque, quasi cinquant’anni dopo, ce l’hanno fatta purgare con la battaglia di Cortenuova, ma anche lì, la festa non gli è durata molto, perché han voluto picchiare il naso sulle mura di Brescia e gli abbiamo fatto vedere i sorci verdi.

Alberto Fossadri