Che ci fa un Ippopotamo sull’Adamello?!

Il cannone 149/23 “Ippopotamo” nella sua attuale collocazione


Oggi è il 4 novembre e si ricorda la vittoria italiana nella Grande Guerra. Di tutti i fronti, quello della Guerra Bianca in alta quota è forse il più singolare e suggestivo, perché fino ad allora mai un conflitto era stato combattuto a quelle altezze, e non esistevano manuali militari con esperienze passate da cui attingere.Fu così che il Pian di Neve, uno dei ghiacciai più grandi d’Europa, da gelido e silenzioso manto candido, si tramutò in rosso campo di battaglia.
Gli italiani volevano portare in quota una bocca da fuoco sufficientemente potente da intimidire le difese austro-ungariche e siccome per i comandi il fronte dell’Adamello era una linea difensiva, le artiglierie erano composte principalmente da pezzi antiquati. Tra questi c’era il cannone da 149/23 che arrivò a Temù il 9 febbraio 1916 e doveva essere trainato in quota. Il peso complessivo del pezzo era di almeno 60 quintali, fu diviso in più carichi stipati su slitte, ma la canna da sola, che era in ghisa, ne pesava 30!

Servirono sessanta artiglieri, tredici genieri e circa duecento/trecento alpini per trainarlo. Furono loro a ribattezzarlo “Ippopotamo”. La prima tappa del lungo trasporto era il Rifugio Garibaldi, dove arrivò il 17 aprile tra immaginabili fatiche e una tragedia. L’8 marzo precedente, infatti, una valanga travolse il cannone e molti degli addetti. Ne morirono 39 e il cannone fu trascinato a valle e sepolto dalla neve, costringendo gli addetti ad una ricerca durata una settimana.

Il 27 aprile, finalmente, il cannone raggiunse il Passo del Venerocolo, a 3.236 m di quota e già il 29 partecipò con la sua azione di fuoco alla conquista dei ghiacciai, con l’occupazione della dorsale da Fargorida al Passo di Cavento. L’azione di quel temerario trasporto durato mesi di fatiche e numerosi morti, è stata ripresa dalle cineprese della propaganda italiana a testimonianza dell’ardimento dei nostri ragazzi.

Fra il 4 e il 6 giugno del 1917 dal Passo Venerocolo venne portato a Cresta Croce e contribuì, il 15 giugno, all’attacco al Corno di Cavento. Dopo l’estate del 1918 la sua voce tacque e alla fine della guerra fu lasciato lì, dove ancora dimora in ricordo di quei giorni sanguinosi in cui gli uomini portarono la guerra in cielo.

Alberto Fossadri